Gabriele Zanin, ex sindaco nonché tra i sette consiglieri comunali
dimessisi nelle scorse settimane a San Vito al Torre, ribatte
all'ex collega d'Aula Simone Cian. Quest'ultimo aveva puntato il
dito verso coloro che hanno rassegnato le dimissioni, facendo cadere
l'amministrazione della prima cittadina Doretta Cettolo. Ringraziando il
precedente commissario Giovanni Petris, dimessosi a sua volta poco dopo
la nomina, e salutando l'arrivo di Silvia Zossi nello stesso incarico,
Zanin rassicura "i cittadini affermando che il
Comune non è immobile ma continua ad andare avanti
in quanto c’è un commissario (molto competente) e ci sono gli uffici a
gestire l’ente".
"Non ci sono opere pubbliche ferme - ribatte a Cian -. I 'lavori per
terminare l'ecopiazzola' (mai previsti o eseguiti dal 2019), 'le
asfaltature' (via Redipuglia la asfalta il Cafc esecutore dei lavori) e
la 'sistemazione dell’archivio' possono andare a buon fine comunque. Le
altre opere previste ma non finanziate in toto, sono quelle della
'riqualificazione energetica della scuola elementare' che avrebbe dovuto
iniziare nel 2021 e l’intervento di 'risanamento conservativo del
municipio”'che avrebbe dovuto avviarsi nel 2022, ma a febbraio 2023
nulla s’era ancora visto. I
dati sono reperibili sui Programmi triennali opere pubbliche approvati
dal Consiglio comunale".
"Sulla scuola - prosegue - la preoccupazione dell'ex amministrazione
comunale nasce ora. Era
stata istituita nel novembre 2021, con delibe della giunta 94 del 2021, la
figura di assessore esterno con delega alla scuola in quanto risultava
'necessario delegare una persona con esperienza per gestire le eventuali
problematiche afferenti i rapporti con le scuole del territorio e
l’istituto Comprensivo di riferimento, al fine di portare all’interno
della Giunta la sintesi delle esigenze raccolte in tali sedi'.
Quell'assessore non è mai stato nominato" attacca ancora Zanin, che
ribatte anche alla accuse ricevute dallo stesso Cian.
Fatti riportati in modo non corretto, per l'ex primo cittadino, a
partire dalle "ingiustificate e irresponsabili" dimissioni dei sette
consiglieri comunali "quando, invece,
tale decisione è stata ben ponderata. Non è mai
piacevole prendere delle decisioni così drastiche e molto spesso, quando
devi decidere, non ti rimane che propendere per il meno peggio. D’altro
canto invece, una amministrazione comunale deve saper leggere i segnali
e capire quando ci sono seri pericoli per la stabilità della sua
struttura. Partiamo con un inciso e precisamente dal fatto che la
“politica” non c’entra. O meglio, c’entra se il termine 'politica' è
inteso nel suo vero e nobile senso".
"I malumori all’interno della maggioranza non erano certo una novità
degli ultimi tempi. Ma in questo non ci entro se non per muovere una
critica generale al sindaco che evidentemente, seppur conscia di questi
malumori, non ha voluto o non ha saputo mantenere le redini
dell’amministrazione ben strette tra le sue mani. Chi scappa, spesso lo
fa per difendersi o per difendere; chi fa scappare ha il compito di
arginare le fughe. Quando però poi, arrivi ad una netta spaccatura, lo
scenario cambia. E di molto. Soprattutto se questa spaccatura fa
venir meno le fondamenta su cui hai eretto la tua amministrazione
comunale".
"Quando ti trovi ad avere più della metà del Consiglio in posizione
contrapposta alla tua, dovresti fare una riflessione ancor più profonda
e cercare di capire il perché è successo e soprattutto come porvi
rimedio. Tutti sanno che, spesso, fare politica (sempre intesa nel suo
vero e nobile senso) significa anche scendere a compromessi e che
purtroppo le posizioni rigide non portano quasi mai a nulla di buono soprattutto
se poi non puoi permetterti una base solida su cui poggiarle.
Ma invece di ammorbidire le posizioni, si è pensato bene di irrigidirle,
di buttare altra benzina sul fuoco".
"E questo è, secondo me, il senso di quanto è successo in questi ultimi
mesi: il fuoco è diventato incontrollabile. Ascoltare in questo caso
sarebbe stato un esercizio di democrazia; così come dimettersi è stato
un esercizio della stessa democrazia portato avanti da delle persone che
avrebbero dovuto avere un ruolo propositivo e decisionale ma che sono
state ignorate e inascoltate. Nella loro inutilità hanno pensato di
lasciare" conclude Zanin.